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RECENSIONI

RECENSIONI 'MAYA'

"Fresca e di immediata comunicazione tematica la musica di Fabio. Il suo mondo compositivo è un mix di profumi notturni Chopiniani e di qualche brezza di tardo romanticismo russo.
E' un giovane pianista in possesso di un' ottima tecnica spontanea e di una naturale immediatezza ritmica che bene sorreggono il complesso sviluppo armonico, melodico e ritmico delle proprie composizioni.
Se il Jazz è anche, come sempre spero, sinonimo di libertà espressiva, il lavoro di Fabio è sicuramente un nuovo personale modo di produrre musica alternativa al Jazz di tradizione Afro- Americana a noi già noto."

(Riccardo Zegna)

“..senza ombra di dubbio uno dei migliori esordi discografici dell'anno, in ambito di "jazz di confine"; il valore sta nelle composizioni che evitano la trappola più o meno abusata degli standard "travestiti", e cerca invece echi folklorici da ogni angolo del pianeta,finezze crepuscolari, prepotenti innervature ritmiche arpeggiate..”
(Guido Festinese - "Wold Music")

“..proprio i brani in duo, insieme ai tre assoli di piano (bellissimo quello di Notturno) denotano una maturità non comune che va oltre la consueta capacità dei giovani musicisti del nostro jazz. Anzi, la definizione di jazz sta in realtà un pò stretta ad una formazione (e soprattutto ad un pianista) capace di guardare ad orizzonti un pò più ampi..”
(Sergio Spada -"Suono")

“..quello che traspare è una certa influenza classica ed una preparazione tecnica impressionante..”
(Enzo Boddi -" Musica Jazz")


“..il clima musicale che si respira nelle nove tappe di questo viaggio sonoro è da un lato denso di riferimenti colti (sovrinteso talvolta da un'aura quasi impressionistica) e di rimeditazioni di esperienze etniche. Ma d'altra parte preserva una confidenza, un calore espressivo di grande intensità e semlpicità , il tutto slegato da etichette. Come "Lilli", oasi fortemente lirica (di costruzione genialmente lineare) esclusivamente pianistica. Dunque, contaminazione, felice impertinenza nell' incontro tra i linguaggi, e il risultato finale d'uno stile accattivante e raffinato..” (Giorgio (De Martino -"Corriere Mercantile")

“..le doti sono quelle giuste e il talento non manca ai brani che hanno forti sapori di mainstream ma anche richiami di repertorio classico, in alcuni casi anche aperture a largo respiro che trovano nell' utilizzo del sax soprano un veicolo decisamente evocativo è uno dei prodotti che dimostra la buona qualità raggiunta dal jazz italiano negli ultimi tempi..
( Antonello Mura -"Il Secolo XIX")

..emergono, dunque, in molte tracce, se non in tutte, le potenzialità di Fabio Vernizzi, sia in qualità di compositore sia di esecutore, che con Maya irrompe sulla scena jazz italiana con moduli musicali realizzati con gusto personale e con
sorprendente immediatezza..
(Laura Magnani -"All About Jazz")

 


RECENSIONI PIANO QUASI SOLO


..Coerenza compositiva, spiccato senso del ritmo, fluidità espressiva e un tocco pianistico sempre felice..
(Cerini – “Musica jazz”)


“Fabio Vernizzi, genovese, pianista, suona straordinariamente bene e scrive meglio.”
(Guido Festinese – Audioreview)


“Suono” – Francesca Marini, 10 Aprile 2021 (Piano Quasi Solo)


Il pianoforte di Fabio Vernizzi regna sovrano e ci guida dall’inizio fino alla fine senza l’ausilio di altri strumenti o voci superflue. Più che da re, però, il pianista genovese funge da menestrello, intrattenendo il pubblico con un racconto articolato e complesso dai risvolti inattesi e curati nei minimi particolari. Un autentico monologo che non annoia mai e che ritrae perfettamente le giravolte e le varie fasi della vita. Un disco dai toni smooth e dalle sonorità fresche e cristalline, fedele al jazz tradizionale e al tempo stesso molto contemporaneo. Dall’entusiasmo "free jazz" di Infantile, allegra ed azzeccata opening track, ai caldi e virtuosi toni esotici di David’s Samba, dalla rabbia mortoniana di Looptango a Ricordi, brano passionale e romantico in cui il musicista recita per pochi secondi sempre accompagnato dalle magiche note del suo piano: l’album cambia continuamente direzione, dipingendo con le note sentimenti ben precisi. Al pari degli altri colleghi illustri come Francesco Grillo o Danilo Rea, il signor Vernizzi si impone con decisione sulla scena del genere in Italia. Frizzante ma con un velo di malinconia di base, Piano quasi solo è il sottofondo ideale per qualsiasi situazione. Un quadro suggestivo che ha come soggetto la vita di ognuno di noi.


“Corriere dello spettacolo” – Stefano Duranti Poccetti, 27 Settembre 2014 (Piano Quasi Solo)

“Piano Quasi Solo” è l’ultimo disco di Fabio Vernizzi, prodotto dallo stesso pianista e compositore genovese, che attraverso dodici brani ci fa vivere il suo variegato e ricco universo sonoro, contraddistinto da una sapiente inventiva compositiva e da una tecnica pianistica espressiva e consapevole.
Il primo brano, “Infantile”, lo sento un po’ come un’eco di ricordo schumaniano, rinvenendo quei magnifici pezzi dell’ “Album per la Gioventù”. Vernizzi di certo non nasconde questa matrice romantica e la tornisce con il suo personale linguaggio, inserendo cadenze swing e modulazioni personali e decisamente espressive. Tutto ruota intorno a un tema che si ripete durante la composizione, un tema brillante e poetico, dai ricordi romantici e infine piacevole e originale.
In “Pensieri” Vernizzi s’impossessa di un altro repertorio a lui congeniale, quello dell’ “impressionismo” debussianiano e raveliano, che ravvisiamo in questo brano dal tono meditativo. Tono meditativo che se ne va con “Le strade della vita”, dove il musicista entra in contatto con gli schemi Jazz, offrendoci un brano allo stesso tempo brillante, lirico, organico in tutte le sue parti, che si sviluppa da un tema semplice ma accattivante, che poi si trasforma continuamente durante la composizione. Anche con “Niños” prosegue il discorso jazzistico del compositore e lo fa recuperando ancora il tema dell’infanzia (ispirandosi alla tragedia dei bambini brasiliani abbandonati) conducendoci verso l’altro brano “David’ Samba”, dall’andamento danzante e luminoso, dove Vernizzi dimostra veramente come sia possibile divertirsi e far divertire tramite la tastiera.
Con “Maracatù” il pianista abbandona per un attimo la sua vena compositiva, con questo brano dell’autore Egberto Gismonti, a cui vuole rendere omaggio nel suo cd. “Looptango” sancisce invece l’incontro tra il genere Jungle e il Tango, alternando melodie essenziali a melodie danzanti, dinamiche e dalla forte componente ritmica, come è tipico nel Tango. Qui si tratta più di un gioco formale, ma con “Edivad” si ritorna a una musica che non vuole essere solo musica per la musica, ma anche musica che riveste significati concettuali e filosofici. Questo brano infatti, scritto quasi in scale da primo Jazz classico, vuole parlare della vita. Come è scritto sul libretto – realizzato molto bene - è “Un brindisi di augurio al valzer della vita, il cammino nel quale si incontrano luci e ombre, tristezze e gioie”, ed è proprio per questo che questo pezzo è un gioco tra timbri più chiari e timbri più scuri, melodie più seriose, altre più rilassate. “Lqbal” (brano 9) è il protagonista del libro “Il Fabbricante di Sogni” e la storia di questo bambino, ucciso a tredici anni ed eretto a eroe di coraggio contro lo sfruttamento del lavoro giovanile, è raccontata da Vernizzi con un modo jazzistico, ma allo stesso tempo lirico, poetico, estremamente emotivamente sentito e ispirato. “Cambio Titolo” ci fa tornare a una dimensione allegra, da “Belle époque” , facendoci respirare un’atmosfera distesa e gioviale, quasi un ragtime dei nostri giorni, che Vernizzi sa veramente rendere contemporaneo e attuale.
Con “Ricordi” troviamo un musicista anche in veste di cantautore in questa poetica canzone che sembra proprio un inno alla vita: “Quante volte di ho detto ti amo, vita?”. Già, quante volte? Per saperlo bisogna sfogliare i propri ricordi e capire così tutto il nostro vissuto.
Infine, ultimo brano, abbiamo “Maya”, dove è presente la contaminazione di diversi linguaggi stilistici, come l’Etnico e il tanto già citato Jazz, diventando così la sintesi di tutto quello che fin qui abbiamo ascoltato, dove l’autore ci ha veramente dimostrato il suo grande eclettismo musicale. sento un po’ come un’eco di ricordo schumaniano, rinvenendo quei magnifici pezzi dell’ “Album per la Gioventù”. Vernizzi di certo non nasconde questa matrice romantica e la tornisce con il suo personale linguaggio, inserendo cadenze swing e modulazioni personali e decisamente espressive. Tutto ruota intorno a un tema che si ripete durante la composizione, un tema brillante e poetico, dai ricordi romantici e infine piacevole e originale.
In “Pensieri” Vernizzi s’impossessa di un altro repertorio a lui congeniale, quello dell’ “impressionismo” debussianiano e raveliano, che ravvisiamo in questo brano dal tono meditativo. Tono meditativo che se ne va con “Le strade della vita”, dove il musicista entra in contatto con gli schemi Jazz, offrendoci un brano allo stesso tempo brillante, lirico, organico in tutte le sue parti, che si sviluppa da un tema semplice ma accattivante, che poi si trasforma continuamente durante la composizione. Anche con “Niños” prosegue il discorso jazzistico del compositore e lo fa recuperando ancora il tema dell’infanzia (ispirandosi alla tragedia dei bambini brasiliani abbandonati) conducendoci verso l’altro brano “David’ Samba”, dall’andamento danzante e luminoso, dove Vernizzi dimostra veramente come sia possibile divertirsi e far divertire tramite la tastiera.
Con “Maracatù” il pianista abbandona per un attimo la sua vena compositiva, con questo brano dell’autore Egberto Gismonti, a cui vuole rendere omaggio nel suo cd. “Looptango” sancisce invece l’incontro tra il genere Jungle e il Tango, alternando melodie essenziali a melodie danzanti, dinamiche e dalla forte componente ritmica, come è tipico nel Tango. Qui si tratta più di un gioco formale, ma con “Edivad” si ritorna a una musica che non vuole essere solo musica per la musica, ma anche musica che riveste significati concettuali e filosofici. Questo brano infatti, scritto quasi in scale da primo Jazz classico, vuole parlare della vita. Come è scritto sul libretto – realizzato molto bene - è “Un brindisi di augurio al valzer della vita, il cammino nel quale si incontrano luci e ombre, tristezze e gioie”, ed è proprio per questo che questo pezzo è un gioco tra timbri più chiari e timbri più scuri, melodie più seriose, altre più rilassate. “Lqbal” (brano 9) è il protagonista del libro “Il Fabbricante di Sogni” e la storia di questo bambino, ucciso a tredici anni ed eretto a eroe di coraggio contro lo sfruttamento del lavoro giovanile, è raccontata da Vernizzi con un modo jazzistico, ma allo stesso tempo lirico, poetico, estremamente emotivamente sentito e ispirato. “Cambio Titolo” ci fa tornare a una dimensione allegra, da “Belle époque” , facendoci respirare un’atmosfera distesa e gioviale, quasi un ragtime dei nostri giorni, che Vernizzi sa veramente rendere contemporaneo e attuale.
Con “Ricordi” troviamo un musicista anche in veste di cantautore in questa poetica canzone che sembra proprio un inno alla vita: “Quante volte di ho detto ti amo, vita?”. Già, quante volte? Per saperlo bisogna sfogliare i propri ricordi e capire così tutto il nostro vissuto.
Infine, ultimo brano, abbiamo “Maya”, dove è presente la contaminazione di diversi linguaggi stilistici, come l’Etnico e il tanto già citato Jazz, diventando così la sintesi di tutto quello che fin qui abbiamo ascoltato, dove l’autore ci ha veramente dimostrato il suo grande eclettismo musicale.

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